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Teatro, Nove Petali di Loto: mercoledì 22 ottobre al Teatro Massimo di Pescara
PESCARA – La Compagnia della Memoria presenta Nove petali di Loto, un cine-spettacolo di Milo Vallone. Lo spettacolo ad ingresso libero andrà in scena mercoledì 22 ottobre alle ore 21 presso il Teatro Massimo di Pescara. Testo di Luca Pompei e Milo Vallone, con Milo Vallone, Angelo Del Romano, Monica Verì, Giuseppe Pomponio, Chiara Di Marco e la partecipazione di Simona Berardocco, Fabio Fusco, Pierfrancesco Leone, Michele Di Mauro, Bruno Monti. Regia di Milo Vallone. Assistente alla regia: Daniela De Rubeis. Musiche originali di Gianluigi Antonelli. Produzione video e post produzione a cura di: Acciaierie Sonore. Organizzazione e produzione esecutiva: Tam Tam Communications.

Il progetto

“Nove petali di Loto” è un testo di fantasia, liberamente ispirato ad una storia vera della Soc. Coop. CEARPES . Lo spettacolo segue il progetto ideato e inaugurato alcuni anni fa da Milo Vallone e definito CineprOsa. Questo progetto di realizzazione vede l’incontro e l’intreccio tra i linguaggi teatrali e quelli cinematografici, ne nasce così un vero e proprio cine-spettacolo che vede un continuo rimbalzo narrativo tra palco e schermo.

Il titolo

Il titolo evoca il numero di anni (o petali di vita) di cui la vicenda narrata si compone. Il fiore di loto è un fiore bellissimo che si può ammirare ovunque perché presente in tutto il mondo, ma la sua esistenza non è così facile e piena di bellezza come si potrebbe immaginare. A differenza di tutti gli altri fiori, infatti, quando il loto inizia a germogliare, si trova sotto l’acqua sporca di laghi o piccoli stagni, circondato da fango e melma e tormentato da pesci e insetti. Nonostante queste condizioni, il fiore di loto si fa forza e, crescendo, sale verso la superficie dell’acqua. É ancora solo un gambo con alcune foglie e un piccolo baccello.

Col tempo lo stelo continua ad allungarsi e il baccello lentamente emerge dall’acquitrino. É allora che il loto comincia ad aprirsi, petalo dopo petalo, nell’aria pulita e nel sole. Il fiore di loto è pronto per appagare gli occhi di tutto il mondo. Nonostante sia nato in acque torbide, scure, dove la speranza di una vita bella sembra lontana, il loto cresce, supera le avversità e, ironia della sorte, quella stessa acqua sporca che lo ha visto germogliare si pulisce man mano che esso emerge. Quando il loto si apre, non una macchia di fango o sporcizia rimane esternamente. All’interno poi non vi è traccia dell’acqua di provenienza.

La Storia.

La trama dello spettacolo vede protagonista Roberto Occhipinti, un operatore sociale da anni attivo con crescente e meritata fortuna nel campo del recupero di minori disagiati. La PreCase, struttura che dirige, cresce sia in termini di efficacia nell’azione della sussistenza e del reinserimento sociale degli ospiti che nella relativa consistenza economica della cooperativa che gestisce il centro.

Le fortune però non passano mai inosservate e diventano fulcro attrattivo per vampiri e sciacalli che oggi senza alcuna forzatura, potremmo sintetizzare con l’ esplicativa locuzione di “poteri forti” che cercano di ritagliarsi un ruolo all’interno di queste esperienze, per usare, pian piano, le stesse iniziative come nuove piattaforme di certi abusi di potere. Occhipinti, mosso da sempre, da una reale e pura passione verso il suo mestiere e con l’entusiasmo e l’energia di chi ben sa della notevole possibilità di incidenza sociale che un lavoro così può rappresentare, dopo un’iniziale e doverosa accettazione istituzionale di collaborazione con sindacati e consorzi nazionali, si vede costretto a prendere le distanze da questi stessi enti poiché le loro ingerenze si facevano sempre più pressanti, insostenibili nonché minatorie verso la delicata e assolutamente necessaria qualità che il suo centro doveva offrire ai non fortunati ospiti.

Da qui inizieranno per il nostro protagonista, i suoi collaboratori e la PreCase tutta, una serie di atti di persecuzione giudiziaria che manderanno letteralmente in frantumi il mirabile lavoro fatto negli anni e l’eccellenza che, su tutto il territorio nazionale, questa esperienza rappresentava. A nove anni dall’inizio dell’inchiesta, l’ultimo processo. Anche per l’ultimo come per tutti gli altri (tanti) capi di imputazione, la magistratura si esprimerà con una sentenza inequivocabile:

“Assoluzione. Poiché il fatto non sussiste”.

Alla fine della vicenda da noi raccontata, come il fiore di Loto Occhipinti, nuovamente trarrà forza dalle acque melmose nelle quali si è ritrovato a navigare, per ricominciare da capo. Con la forza del bene generato in tanti anni di onesto e lodevole lavoro e con la fertilità di un dolore che mai riuscirà a dimenticare, il protagonista e i suoi collaboratori, sono pronti per ripartire poiché la dirompenza del bene la si può combattere, ma non arginare.